Il principio di territorialità nell’imposta di donazione
Il principio di territorialità nell’imposta di donazione.
In presenza di atti di liberalità caratterizzati da elementi di extra territorialità, il legislatore fiscale ha fissato una norma che espande l’imposizione italiana anche oltre i confini territoriali della Repubblica.
Si tratta dell’art. 2 D. Lgs. 346/90 che, sotto la rubrica “Territorialità dell’imposta” sancisce l’operatività dell’imposta di donazione italiana alle donazioni e, più in generale, agli atti di liberalità:
- regolati dalla legge italiana;
- (o, in alternativa) regolati dalla legge straniera nel caso in cui:
- il donante sia residente italiano
- (o, in alternativa) pur essendo il donante residente all’estero, la liberalità riguardi beni che, al momento della donazione, esistevano in Italia.
L'”esistenza” in Italia.
Cosa si intenda per “esistenza” in Italia del bene donato in alcuni casi è presto detto: si pensi ad un immobile, o comunque ad un bene la cui presenza fisica in Italia al momento dell’atto sia certa o non contestata.
In altri casi il concetto si presta a qualche interrogativo.
In tale prospettiva, il legislatore prevede al comma 3 dell’art. 2 sopra citato una serie ipotesi tipiche in cui i beni si considerano “esistenti” in Italia:
a) i beni e i diritti iscritti in pubblici registri dello Stato e i diritti reali di godimento ad essi relativi;
b) le azioni o quote di società, nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale;
c) le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui alla lettera b);
d) i titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato;
e) i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato;
f) i crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore;
g) i beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati al regime doganale della temporanea esportazione.
Non si considerano invece esistenti nel territorio dello Stato, a mente del comma 4, i beni viaggianti con destinazione all’estero o vincolati al regime doganale della temporanea importazione.
Quid iuris, però, di un bene come il denaro, in oggi sempre più dematerializzato?
Il caso
L’interrogativo è tutt’altro che banale, posto che proprio in materia di trasferimento di denaro a titolo di liberalità mediante bonifico bancario, l’Agenzia delle Entrate, nel caso risolto in una recente sentenza della Corte di Cassazione, ha preteso di applicare l’imposta di donazione italiana, quantunque il trasferimento fosse avvenuto estero su Italia da parte di un non residente.
Il contenzioso approda in Cassazione dopo che sia la CTP di Imperia che la CRT Liguria avevano sposato la tesi dell’Ufficio secondo cui, poiché il beneficiario della donazione era soggetto residente in Italia, il negozio giuridico si doveva considerare perfezionato all’atto della ricezione del denaro e quindi in Italia.
Invero la tesi sostenuta da entrambi i giudici di merito sconta un duplice errore.
In primo luogo, infatti, le Corti di merito non si sono poste il problema di individuare se la legge italiana fosse o meno applicabile alla donazione in questione, in cui gli elementi di estraneità rispetto all’ordinamento italiano erano molteplici: si trattava infatti di donazione di una somma di denaro detenuta su un conto svizzero da parte di un cittadino australiano residente in Svizzera, inviata mediante bonifico ad un cittadino statunitense residente in Italia.
In tale situazione risulta evidente che, applicando correttamente i principi del diritto internazionale privato, doveva escludersi in radice che la donazione fosse regolata dalla legge italiana, facendo così cadere la prima condizione perché sussista potestà impositiva dell’atto da parte dell’Italia.
Restava pertanto da valutare il secondo parametro, ossia l’esistenza del bene donato in Italia: ma anche in questo caso le corti di merito focalizzandosi sul luogo di destinazione del denaro (pacificamente l’Italia), trascuravano di considerare il luogo in cui lo stesso si trovava prima di essere trasferito (pacificamente in Svizzera).
La soluzione di Cass. Civ. Sez. V n. 7428/2021
Proprio su tale punto si concentra la Suprema Corte, accennando in sede di motivazione ad un aspetto sottolineato in sede di discussione, vale a dire la natura sostanziale di delegazione di pagamento insita nel rapporto triangolare fra correntista, banca e terzo beneficiario.
Nel caso del bonifico, infatti, non si assiste mai ad una traditio diretta del denaro dal soggetto “proprietario” al terzo, ma ad un rapporto intermediato dall’istituto bancario presso cui le somme di denaro sono conservate su mandato del correntista-proprietario.
Né secondo la Corte può affermarsi che il denaro presente su conto estero sia “esistente” in Italia, solo perché la destinazione finale dello stesso è in Italia: invero il momento caratteristico, cui la legge dà rilievo, è dove si trovi il bene prima che venga donato e non quale destinazione avrà all’esito della liberalità.
In applicazione dei suddetti principi, pertanto, la Suprema Corte cassa senza rinvio la sentenza impugnata e accoglie il ricorso originario del contribuente escludendo l’imponibilità in Italia del bonifico estero ricevuto da soggetto residente da parte soggetto residente all’estero.
Avv. Alberto Michelis